PrestO....Noi Manifestiamo

Sono le 23 e sono ancora impegnato a preparare il mio zainetto, una bottiglia d'acqua da un litro, qualcosa da mangiare a metà mattinata, un carica batteria portatile per il cellulare (di quelli a batteria che una volta caricati non hanno bisogno di una presa dove attaccarsi) e poi la bandiera, l'immancabile vessillo per rivendicare l'appartenenza. Scendo di casa e mi avvio al punto di raduno piazzale Coop Fidenza, li trovo altri compagni di avventura già numerosi. Non sono ragazzacci scalmanati in cerca di un pretesto per dar sfogo alla loro rabbia repressa o alla loro violenza rinchiusa dietro ad una falsa gentilezza di costume, ma sono persone normalissime, sposate alcuni dei quali sono li persino con i figli, sono lavoratori come me, come molte persone oggi leggeranno questo articolo, ci sono anche alcuni pensionati tra noi ancora forti ancora grintosi di quel tanto quanto basta da renderli più giovani dei milioni di giovani che il 17 giugno hanno deciso di rimanere a casa perché la cosa non li riguardava (almeno così credono). 
Mezzanotte e cinque minuti ci imbarchiamo nel pullman che farà prima fermata a Parma e poi diretti per Roma. All'inizio l'euforia è tanta, ancor più la voglia di parlare con persone che hai conosciuto per l'occasione, capire le loro storie, chi sono, da dove vengono due battute sul governo ladro che ruba i diritti dei lavoratori e poi il sonno prende il sopravvento. Si dorme lì seduti sulle "comode" poltrone del pullman, orientandosi come meglio si può in quegli spazi troppo angusti per fornire un degno riposo ma alla fine il sonno prende il sopravvento. Quel dormire leggero viene spezzato non appena il bus si ferma ad una prima sosta, sono appena le 5 del mattino, ci si scende rapidi un pit stop nei bagni dell'autogrill e poi via a prendere un caffè ed una brioche, appena una mezz'ora e poi di nuovo via, di nuovo in marcia, questa volta però non si riesce più a prender sonno, perché l'euforia prende il sopravvento, la voglia di arrivare ma ancor più di manifestare il proprio disappunto. Si arriva a Roma che sono ormai le 8 e mezza, l'accompagnatore ci distribuisce i biglietti della metro gentilmente offerti dalla CGIL (come del resto il viaggio nel pullman), prendiamo la metro da Anagnina fermata Piazza della Repubblica. Ti accorgi immediatamente appena arrivi di far parte di qualcosa che è molto più grande di te, Piazza della Repubblica è un groviglio di magliette rosse, berretti e bandiere della CGIL dentro ti muovi appena scansando le persone che più i minuti passano e più aumentano, mentre i camioncini dell'organizzazione sparano musica ad alto volume per intrattenere quella moltitudine prima di procedere con il corteo. Mi fermo un minuto ad osservare, prendo uno dei tanti berretti che distribuiscono quelli della organizzazione della CGIL e mi dirigo al secondo punto di ritrovo quello di piazza dell'Esquilino, il punto di ritrovo dei compagni di Rifondazione. Le rappresentanze vengono da tutta Italia, c'è un compagno con suo figlio a seguito (non più di 10 anni) che sono venuti direttamente da Catanzaro (Calabria), alcuni dalla Puglia (dalla mia regione di origine) cono compagni di San Giovanni, di Ostuni e poi ancora compagni da Ferrara, da Comacchio, da Modena da Torino ed ovviamente da Roma. Non siamo tantissimi (sopratutto rapportati alla rappresentanza radunata in via della Repubblica) ma oggi lo scopo non è essere tanti o pochi, oggi lo scopo e manifestare e dire di no all'ennesima forma di imbarbarimento (con rispetto nei confronti dei barbari che sotto certi aspetti avevano ben chiaro il concetto di bene comune) del Lavoro. Ci distribuiamo lungo via Cavour con il nostro striscione, con le nostre bandiere aspettando il resto del corteo partito da Piazza della Repubblica, aspettando gli altri compagni, quelli del PCI, quelli di SI quelli numerosissimi della CGIL e molte altre sigle unite in blocco per l'occasione, e ci accodiamo a quell'immenso treno, quell'infinita folla umana. Cerco di capire dove finisca quella lingua di striscioni e berretti rossi ma proprio non si vede la fine del corteo. Non ci sono dei numeri precisi, ma la partecipazione è notevole per una manifestazione nata un po in sordina, non pubblicizzata dalla grande stampa men che mai dai tg della Rai o di Mediaset troppo impegnati nel loro nauseabondo servilismo, e miopia verso un mondo che non sanno più nemmeno descrivere "il mondo dei precari". 

Si perché quella del 17 giugno non è solo la manifestazione contro la reintroduzione del sistema voucher ( reintrodotti con il nuovo nome di PrestO), questa manifestazione è la porta voce di tutti coloro che hanno assaporato la pietanza amara del precariato e continuano ad abbuffarsene perché non ce altro in giro. 

Ho sentito di tutto in giro, chi giustifica gli stage malpagati ( meno di 500 euro al mese per 12 mesi), chi giustifica i voucher, chi giustifica il Jobs Act e l'alternanza scuola lavoro, la maggior parte di questa gente ipocrita che parla di sacrifici e del rimboccarsi le maniche sono le stesse che sono cresciute con l'articolo 18, che hanno un posto fisso e blindato grazie alle lotte sessantottine compiute e portate aventi dai loro genitori. La gran parte di queste persone che giustificano queste nuove forme di sfruttamento sono bambini viziati, cresciuti sotto l'ombra di una sicura copertura che aveva garantito loro un sindacato forte della rappresentanza di un grande partito comunista italiano che pur con i suoi mille difetti, conosceva e sapeva difendere i diritti dei lavoratori, aveva ben chiara la linea sottile che separa il lavoro (quello vero) dallo sfruttamento mascherato e si batteva affinché certi diritti venissero riconosciuti ad una platea sempre più ampia di persone. Si perché per noi (comunisti brutti e cattivi) non ci sono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, ma esiste solo la dignità di chi grazie al suo impegno ci permette di usufruire di certi servizi appagando i nostri bisogni, di noi tutti della collettività e per questo va rispettato prima di tutto come persona ed ancor più come lavoratore. 

Non ci può accettare una condizione di lavoro pagata per ticket, dove non sono riconosciute disoccupazione (Naspi), ferie e malattie, dove l'azienda che ti paga non è tenuta a farti formazione sui rischi e pericoli che puoi incontrare nelle tue quotidiane attività, dove se ti tagli tre dite dentro una pressa idraulica sei fuori dai giochi, perdi quella parvenza di lavoro perché non ci sono garanzie in merito. Questa forma di lavoro a cui vogliono abituarci aveva un nome preciso nell'antichità e si chiamava "schiavitù" io non ci sto! e come me non ci stanno tutti quelli che il 17 giugno erano presenti a manifestare contro l'ennesimo sopruso di un Governo che non sa fare il proprio mestiere (perché se non sai rilanciare il mercato del lavoro in altro modo, allora vuol dire che non sei in grado di fare quel lavoro, mettiti da parte e lascia spazio a chi ha più capacità, più voglia di fare ma sopratutto più idee di te). 

NON SI PUO GIUSTIFICARE I "PRESTO" CON LA SCUSA DELLA REGOLARIZZAZIONE DEL LAVORO IN NERO, in primo luogo perché non lo contrasti il lavoro in nero, dato che è vero che deve essere registrato l'utilizzo dei voucher un ora prima dall'azienda ma è altrettanto vero che hai tre giorni per cancellarli (non arrivano i controlli io li cancello e pago in nero sicuramente più conveniente per me datore di lavoro), ma inoltre IL LAVORO IN NERO è UN CRIMINE e come tale va combattuto non regolarizzato, è come se si volesse istituzionalizzare la mafia non ha senso, ed è sopratutto uno schiaffo a tutti quei imprenditori italiani che hanno sempre regolarizzato i loro dipendenti attraverso un contratto regolare che ne riconosceva diritti oltre che doveri.   

Ci hanno tolto la pensione, ci hanno tolto il contratto a tempo indeterminato ed ora ci vogliono togliere diritti basilari quali (ferie, malattie e disoccupazione) è ora di dire basta! è ora di porre un freno a questa continua accelerata verso un sicuro schianto! Compagni/e loro ci temono, temono la nostra unione, e lo si capisce dal fatto che non hanno fatto più servizi sulla manifestazione, oggi i giornali non parlano più di noi e di quello che c'è stato a Roma, perché vogliono zittirci e con noi la nostra voglia di rivoluzione e sovversione. Questo è il nostro momento, è il nostro compito e dovere nei confronti della nuova generazione che ci sarà, ci hanno fatto crescere con l'illusione "che noi  un giorno avremmo cambiato il mondo" perché loro forse eran troppo pigri o impegnati nei loro vizi per farlo, non commettiamo lo stesso errore! non riversiamo sulla nostra prole la responsabilità del nostro passivismo e della nostra "moderata" mediocre esistenza, è nostra la responsabilità sul mondo che verrà, è solo nostra la responsabilità sul precariato che sta scardinando ogni nostra nota certezza e che se continuerà di questo passo diventerà un dato di fatto per le generazioni a venire, vogliamo veramente destinare i nostri figli ad un futuro di schiavitù per far arricchire qualcuno che è solo stato più furbo, più disonesto e più massone di noi? Io ed le decine di migliaia di compagni presenti a Roma non lo vogliamo.....NOI MANIFESTIAMO!  













      

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